Per il fosso di Malopasso un ... quasi Cimone

Ambienti forti e isolati in uno dei tanti fossi del versante Nord del Gran Sasso.
Lo abbiamo voluto provare e tentare e non ce l'abbiamo fatta, il Cimone rimane un'idea e un progetto, chissà se lo ripeteremo. In compenso abbiamo toccato da vicino ambienti unici e ci siamo fatti una idea nostra di questi posti così isolati. Il versante Nord del Gran Sasso è impegno sempre e comunque ma per quello che offre merita sempre ogni stilla di sudore versato.


Il versante Nord del Gran Sasso quest’anno è molto gettonato da “quelli di Aria Sottile”, solo cinque giorni dopo mi ritrovo sul vallone del Malopasso che Giorgio e Stefano hanno utilizzato per salire al Brancastello e da lì alle Fienare, noi saliremo al Cimone di Santa Colomba, meglio cercheremo di salire, come è andata ve lo racconto tra poco. L’avvicinamento in auto è catalizzante, come si esce dall’autostrada a San Gabriele si rimane subito ipnotizzati da quella cordigliera che sembra non lasciare spazio al cammino, tutti quei valloni che scendono ripidi dalle creste su in cima restituiscono un senso di oppressione; individuiamo il nostro “fosso”, il Malopasso, incastrato, ripido, alla sua sinistra si alza isolata la montagna tra le montagne che è la nostra meta, il Cimone di Santa Colomba; ancora più stretto e selvaggio sembra il vallone che scorre a sinistra del Cimone, il fosso di Fossacieca. Non riesco a capire se il Cimone appare così ripido e complicato a causa dei due profondi solchi che gli scorrono ai lati o se davvero è una lama di boschi e erba che si alza repentina e molto verticale, cercherò di capirlo strada facendo. Superiamo Isola del Gran Sasso seguendo le indicazioni per Pretara e San Pietro. Superato l'abitato di Pretara si lascia sulla destra il bivio per San Pietro e si prosegue verso sinistra. Poco oltre il paese si oltrepassa l'eremo di Fra' Nicola (Eremo di Frattagrande) posizionato a pochi metri dalla strada. Si supera poi il ponte sul Ruzzo (ristorante sulla destra ormai in disuso) e si prosegue sempre su strada asfaltata. Giunti ad un bivio, si prende a destra (cartello stradale per Piano del Fiume): la strada diventa brecciata e un po' sconnessa, la si segue per circa 2 chilometri fino ad uno slargo nei pressi di un fontanile e di un'area pic-nic. Nel periodo estivo la strada per Piano del Fiume è soggetta a pedaggio che verrà richiesto all’arrivo. Da Piano del Fiume (840 m circa) si oltrepassa la fonte e dopo pochi metri si svolta a sinistra per guadare il fosso Malepasso, segnali bianco rossi sul posto indicano il guado e la traccia di salita. Giunti sull'altra sponda si segue il sentiero e si perviene immediatamente ad un bivio nei pressi di una edicola: prendere a destra, in salita. Il sentiero sale subito ripido con nette e frequenti svolte, attraversa una macchia di abeti bianchi su un tratto lastricato e prosegue senza difficoltà sempre con stretti tornanti. A quota 1040 circa, ad un bivio, si tralascia la traccia che continua traversando in piano e si prende a destra ancora in salita (20min.), la traccia che continua diritta è il sentiero ENEL per le cascate di Vena Roscia. A quota 1090 circa, stessa situazione, ulteriore bivio e anche questa volta si prosegue a destra in salita (a sinistra, si va come in precedenza verso le cascate). I tornanti sembrano non avere fine, il tratto è abbastanza ripido, e a quota 1234m. (+40 min.) si raggiunge il piccolo slargo della chiesetta di Santa Colomba. Dalla chiesa si continua a traversare in piano per pochi metri, fino ad un bivio: si prende a sinistra in salita fino ad un vicino e già visibile slargo dove è posta una croce (punto panoramico). Il sentiero diventa pianeggiante, qui inizia la salita diretta per il Cimone per la dorsale boscosa soprastante e molto evidente. La traccia invece continua sul sentiero a destra della dorsale, in piano con lunghi traversi e brevi saliscendi esce definitivamente dal bosco a quota 1350 circa (+30 min.). Il sentiero diventa meno marcato e si tiene sul lato sinistro della valle, quando si sta per raggiungere il fondo del fosso un ripido, scomodo ed esile sentiero incassato nell’erba alta si stacca sulla sinistra per superare obbligatoriamente un ampio dosso erboso; salendo si finisce quasi per sfiorare le falesie del Cimone, già belle e imponenti; il sentiero si appiattisce, supera uno sperone che pochi metri più in là aggetta nel vuoto e si abbassa per deviare sulla destra per attraversare il fosso (+30 min.) 1430m circa, evidenti i segnali sulle rocce. Subito dopo l’attraversamento del fosso un sentiero esile si stacca dal sentiero principale (n°117 per il Vado di Piaverano) e prende a salire mantenendosi più o meno parallelo al fosso stesso; seguendo questa traccia (che utilizzeremo in discesa) e dopo aver superato dei grandi massi con stazzi abbandonati si può prendere a salire entrando senza problemi sul fondo del fosso stesso fin sotto il Cimone. Abbiamo preferito continuare per il sentiero ufficiale, il 117. Con ampie svolte si risale una lunga pagina erbosa un po’ ripida, il sentiero sale incassato tra l’erba alta, ogni tanto bandierine bianco-rosse sulle poche pietre sporgenti segnano la traccia, traccia che per diversi momenti tende a sparire per poi ricomparire subito dopo. Alzandosi repentinamente e uscendo dal tratto più stretto il vallone offre cartoline d’alta montagna notevoli, pratoni ripidi molto verdi, sconfinano fin sulle creste in alto dove si delineano i profili delle Torri di Casanova prima e del Prena più in alto. Uno sguardo indietro e la “V” del vallone si va facendo sempre più imponente, un autentico scivolo, un imbuto che si va stringendo verso i boschi sottostanti; i monti Gemelli e la linea del mare formano gli orizzonti ad Est. Si superano svariati gradoni erbosi che illudono ogni volta di un successivo appiattimento del percorso; pura illusione, il costone continua ad alzarsi ripido sul fosso sottostante. Sulla parte opposta della valle si delinea sempre più marcato il lungo profilo roccioso del Cimone, in alto il bosco prima e i pratoni dopo anticipano la cima, terminano esattamente sul ciglio della parete, una alta falesia strapiombante; alla nostra destra, lontana un centinaio di metri, scorre la scomposta e meno verticale parete della dorsale delle Fienare. L’ambiente diventa ad ogni passo più maestoso. Saliamo su questo lungo piano inclinato, ogni tanto un cambio di pendenza lo spezza ma i tratti per riprendere fiato durano davvero poco; si legge bene la traccia dall’altra parte del versante che dal fondo del fosso sale alla base del Cimone, ci mettiamo alla ricerca dell’imbocco per poter scenderci dentro il fosso, il costone in un primo momento sembra non averne tanto è ripido il suo fianco; costeggiandone il profilo e basandoci sulla carta intorno quota 1750m cerchiamo la traccia che entra nel fosso, la intercettiamo (+1,30 ore) e senza difficoltà raggiungiamo la base del fosso, dove però si perde tra falasco altissimo e folte fratte di ortica ancora più alte. Con un po’ di difficoltà dovuta solo al tentativo di non essere urticati e al terreno un po’ sconnesso che non possiamo nemmeno intuire, raggiungiamo il fondo del fosso, lo attraversiamo alla ricerca della traccia che sale il costone opposto che dal basso non è più così evidente. La intercettiamo e senza altre difficoltà saliamo sulla dorsale che scende fino alle pendici del Cimone, da qui un muro roccioso verticale che scivola via a destra e sinistra, versanti ripidi come la sua parete di testa. Confidando sulle relazioni lette e dai suggerimenti di chi ci era già salito, avevamo intuito in fase di avvicinamento il canalino di salita al Cimone, mi sembrava di stare a leggere un libro già letto; salgo i pochi metri di prato per raggiungere la base rocciosa del Cimone (+30 min.), inizio a traversare verso sinistra tenendomi il più vicino alla parete, sembra esistere qualche esile traccia per altro, mi avvicino allo spigolo da superare ma … ma tutto insieme i versanti erbosi che scendono ai lati mi sembrano più ripidi del preventivato, molto più ripidi. Marina dietro chiede conferma della direzione, segue lenta e in poco meno di un attimo sento tutta la stanchezza accumulata in salita, percepisco anche quella di Marina, il mondo intorno mi si complica, i passi diventano incerti ed insicuri, non vedo l’imbocco dello scivolo che sale incanalato tra delle rocce, dovrei superare lo spigolo che ho a venti metri ma mi sembra che il versante, col suo insidioso falasco prenda a scivolare oltre il dovuto e il possibile. Magari riesco a passare ma se poi non passa Marina …, non sento la sicurezza che mi serve, così su due piedi un pensiero su tutti segue i tanti che si sono accavallati, “chi me lo fa fare”; si torna indietro. Al canalino finale di salita al Cimone che nonostante le tante rassicurazioni un po’ temevo, quello che dal basso appariva molto esposto, che pensavo essere il passaggio da risolvere, non ci siamo nemmeno arrivati; mi scocciava, mi rodeva tantissimo, ma era sensata la decisione che avevamo preso; mentre scendevamo, già una quarantina di metri più bassi, Marina prova a dire di riprovarci ma davvero non aveva senso, rimaneva solo da chiudere e tornare indietro per la stessa via. Anzi no, questa volta abbiamo preferito scendere sul greto del fosso, per quei lastroni calcarei bianchissimi che sono una assoluta particolarità; complicato e scivoloso l’altissimo falasco di questo ripido versante prima di raggiungere il fondo del fosso, un paio di scivoloni non li ho saputi risparmiare, ma una volta dentro è stato come camminare su un marciapiede, lastroni quasi candidi, ricchi di intrusioni rocciose di altra materia, tratti di pietrisco sminuzzato, rena finissima, qualche salto da aggirare ai lati, è stato veloce e suggestivo scendere; giunti nei pressi di grossi roccioni, con ciò che rimane di qualche stazzo, tocca abbandonare la sede del fosso diventato troppo sconnesso e sgarrupato, ci teniamo sul lato sinistro ma siamo già in vista del sentiero della mattina, lo intercettiamo, risuperiamo il fosso esattamente dove lo avevamo attraversato poche ore prima (+ 2ore compresa la sosta) e prendiamo a scendere verso la chiesetta di Santa Colomba. Molto stanchi, un po’ per la perdurata assenza dalla montagna, tanto ha contribuito l’insistente calura e la mancanza di ventilazione che abbiamo trovato dentro il bosco prima e dentro il vallone dopo, siamo rotolati verso valle su un sentiero che in discesa sembra ancora più ripido e attorcigliato sui tanti tornanti. Raggiungiamo l’affollata zona pic nic della Piana del Fiume (+1,20 ore) non prima di esserci rinfrescati nelle acque fredde del torrente, super affollato come una spiaggia in Romagna; siamo delusi per l’insuccesso della vetta, sono comunque felice di aver conosciuto questo anfratto del Gran Sasso, meno Marina che non ama andarsi ad incastrare dentro ripidi valloni quasi privi di sentiero; archiviamo questa giornata annoverandola tra quelle faticose, ammucchio un po’ di emozioni contrastanti ma sono pronto già alle prossime uscite dove cercherò risposte precise per capire bene il mio rapporto con la montagna.